Vendicarsi attraverso la diffusione di materiale pornografico, quali sono le conseguenze?

vendicarsi attraverso la diffusione di materiale pornografico
Vendicarsi attraverso la diffusione di materiale pornografico, senza il consenso del soggetto rappresentato, quali conseguenze ha sul piano giuridico e umano?

Il Revenge Porn è un reato?
Infine, perché il terreno più fertile per questa fattispecie sembra essere proprio quello delle relazioni di coppia?

Il Reato di Revenge Porn

Per Revenge Porn (in italiano Porno-Vendetta) si intende la diffusione, senza consenso degli interessati, di materiale video e fotografico avente contenuto “sessualmente esplicito”. Un comportamento, nel corso degli ultimi anni, sempre più diffuso e fonte di preoccupazione. In primo piano nelle aule di giustizia quanto sulle prime pagine dei quotidiani. La fattispecie è stata introdotta a livello normativo solo di recente, dalla legge 69/2019, il c.d. Codice Rosso a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere.

Il reato di Revenge Porn è quindi punibile, di fatto, ai sensi dell’articolo 612 ter del nostro Codice Penale. L’ampia diffusione della fattispecie è collegata all’utilizzo, sempre più massivo, degli strumenti telematici e informatici che risultano non solo utili, ma molto efficaci allo scopo di vendicarsi attraverso la diffusione di materiale pornografico. Questo viene, infatti, postato su siti internet, social media, gruppi privati; ovvero condiviso direttamente con conoscenti e amici, attraverso piattaforme di conversazione come Whatsapp e Telegram.

Il materiale pornografico diffuso

Le rappresentazioni in oggetto, di carattere intimo, possono:

  • Essere state create, ab origine, con il consenso dello stesso soggetto rappresentato, durante una pratica definita “Sexting”.
    Questa consiste in uno scambio reciproco, consapevole e libero, di materiale pornografico tra due persone consenzienti. Con l’accordo, anche tacito, che resti un gioco privato tra le parti coinvolte.
  • Essere carpite grazie ad accessi illegali ai dispositivi elettronici della vittima.
    Evento frequente, soprattutto, nel caso di personaggi pubblici.
  • Essere realizzate in presenza, senza che la vittima ne sia però consapevole.
    Utilizzando, ad esempio, strumenti di ripresa nascosti durante un incontro sessuale.

Elemento fondamentale, nella realizzazione del reato di Revenge Porn è proprio la diffusione del materiale pornografico. Che non resta “privato”. Ma viene ceduto, postato e condiviso senza il consenso della vittima rappresentata.

Le conseguenze per le vittime di Revenge Porn

Le conseguenze, per i soggetti coinvolti, sono gravi e perduranti:

isolamento sociale; stigma sociale, familiare e lavorativo; vergogna. Si può arrivare a veri e propri danni psicologici come depressione, disturbo post traumatico, atti autolesivi, azioni suicidarie.

Uno dei fattori più dannosi, nel vendicarsi attraverso la diffusione di materiale pornografico non consensuale, è determinato dalla potenza “virale” della condivisione, proporzionata al potere smisurato che gli strumenti informatici utilizzati possiedono.

Questi possono determinare una ri-condivisione potenzialmente illimitata di immagini e video. Tutto questo si traduce, in concreto, in una portata lesiva di proporzioni abnormi.

Le vittime non troveranno mai un diritto all’oblio sul web, a causa dell’impossibilità, di fatto, di contenere un fenomeno di questa portata anche per gli stessi operatori del settore.

Movente nel reato di Revenge Porn

La finalità del reato è provocare un danno alla reputazione e all’immagine della vittima. L’umiliazione sociale e il discredito, correlati e connessi alla volontà del carnefice di vendicarsi attraverso la diffusione del materiale pornografico, si manifestano su piani differenti, compreso quello lavorativo, come avvenuto nel caso tristemente noto della “maestra di Torino”.

Un problema che non si limita, quindi, a rimanere meramente sul piano giuridico ma investe la sfera emotiva, psicologica, familiare e sociale delle vittime.

Denuncia e tutela per le vittime

Le possibili conseguenze pubbliche del reato sono, spesso, alla base delle mancate denunce agli organi competenti da parte delle persone offese.

Perché?

L’eccessiva responsabilizzazione della vittima è fonte di timori e paure. Questa cerca, in qualche modo, di spegnere i riflettori sull’evento.
Condividere la vicenda con polizia, magistrati e avvocati, viene vissuta come ennesima intrusione nella propria sfera privata e sessuale.
La denuncia è percepita come una nuova fonte di umiliazione, piuttosto che uno strumento di tutela. Spesso si riscontra, nella vittima, anche la convinzione di essere in qualche modo responsabile per il reato subito. Se questo viene posto in essere da un conoscente, compagno o ex partner il senso di colpa diventa paralizzante. Soprattutto quando il materiale intimo era stato, inizialmente, condiviso o prodotto spontaneamente dal soggetto stesso all’interno di una relazione consensuale. A tutela del comprensibile stato d’animo delle vittime, il reato di Revenge Porn, in realtà, prevede un’aggravante degna di essere analizzata.

La pena viene aumentata qualora i fatti vengano commessi:

  • dal coniuge, anche separato o divorziato;
  • da persona che sia o sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

Al contrario, quindi, della falsata percezione delle vittime, un legame affettivo è un fattore aggravante del reato. Non certo un attenuante! Né, tantomeno, un fattore che possa in qualche modo gettare un’ ombra di co-responsabilità sulla persona offesa.

A nulla rilevano le motivazioni che il soggetto ritiene di avere contro la vittima e che sono alla base della sua decisione di vendicarsi attraverso la condivisione del materiale pornografico in suo possesso.

Rapporto di coppia e reato di Revenge Porn

Come mai il terreno più fertile, per il prolificare di questi episodi di violenza, è proprio la relazione affettiva tra due persone?

Difficile riuscire a immaginare una persona cara nelle vesti di carnefice.
Quando immaginiamo un criminale, lo crediamo “esterno” al nucleo centrale dei nostri affetti. Eppure le statistiche parlano chiaro: la maggior parte dei reati contro la persona si consuma proprio all’interno del nucleo familiare/relazionale.
Il reato di revengeporn non fa eccezione. La maggior parte delle condivisioni di materiale intimo viene posta in essere proprio da persone legate sentimentalmente alla vittima.

Le motivazioni?

Difficile indagare nei motivi personali che si celano dietro questo tipo di azioni lesive. Ma la maggior parte avviene proprio con finalità vendicative. Non è altro che un ulteriore esempio di violenza domestica, perpetrata però grazie all’utilizzo di strumenti digitali.

Vendicarsi attraverso la diffusione di materiale pornografico, per sanare un torto subito, vero o presunto per la fine di una relazione, per un’ infedeltà. L’umiliazione pubblica della vittima diventa strumento per riparare la ferita del proprio orgoglio. Il carnefice riprende, attraverso questa azione violenta, la gestione della relazione con l’altro. Si attua quella fantasia malata di controllo sulla libera autodeterminazione del compagno, reo di aver preso decisioni in contrasto col sentire dell’autore del reato.

Questo, attraverso la violenza, riprende nuovamente il potere che sente di aver ingiustamente perduto. Nonostante, come abbiamo analizzato, una relazione sentimentale possa apparire, agli occhi della vittima, come un’attenuante, ingenerando l’errata convinzione che la persona offesa abbia partecipato, in qualche misura, all’accadimento degli eventi, per il legislatore un legame affettivo è, invece, aggravante del reato.

Sinonimo degli stessi maltrattamenti in famiglia, della violenza di genere, degli atti persecutori, della violenza domestica che troppo spesso trovano spazio di manovra proprio all’interno delle stesse relazioni affettive consolidate.

Una presa di posizione forte, quella attuata con la legge 69/2019, contro ogni forma di abuso che possa avvenire all’interno di quel nucleo affettivo e relazionale che troppo spesso ha protetto i carnefici, a scapito delle vittime.

Un cambio di rotta non solo giuridico ma culturale e sociale.

Se vivi una condizione familiare conflittuale, se sei vittima di reato o se hai bisogno di supporto chiedi il nostro aiuto.

Dott.ssa Gioia Saitta
Giurista, Mediatrice, Autrice

Condividi su:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *