La revisione dell’assegno di mantenimento

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Oggi, si sente sempre più parlare di “revisione dell’assegno di mantenimento”, ma di cosa si tratta esattamente, quando il giudice può procedere con la revisione?

Quale è la durata dell’assegno di mantenimento?

La legge non prevede una durata per l’obbligo di mantenimento nei confronti dei figli o degli ex coniugi. Da questa affermazione si può dedurre che, a livello teorico, il mantenimento nei confronti della moglie può durare anche per tutta la vita, mentre quello nei confronti dei figli fino a quando quest’ultimi non raggiungono l’indipendenza economica.

Nella pratica, però, esistono diversi fattori che possono comportare una revisione dell’assegno di mantenimento.

Quali sono le condizioni in presenza delle quali è possibile chiedere la revisione dell’assegno di mantenimento?

Per richiedere la revisione dell’assegno di mantenimento occorre che si verifichino dei fatti nuovi, sopravvenuti, rispetto a quelli per i quali si è valutata la situazione che ha dato adito alla sentenza emessa, che si dice sia valida rebus sic stantibus.

La richiesta di revisione dell’importo deve fondarsi, quindi, su un cambiamento intervenuto a modificare gli equilibri tra gli ex.

In particolare, occorre verificare se:

  • è cambiata la situazione economica (della moglie o del marito);
  • si è costituto un nuovo nucleo familiare (convivenza more uxoria);
  • sono aumentate le esigenze dei figli.

Inoltre, altra ipotesi in cui è possibile richiedere una revisione dell’assegno di mantenimento è il caso della rinuncia all’assegno da parte del beneficiario.

Analizziamo singolarmente queste situazioni che influiscono sull’ottenimento o meno della revisione.

Il mutamento della condizione economica

Uno dei fattori che può determinare la revisione dell’assegno di mantenimento e che deve essere valutato in modo obiettivo e non meramente astratto è, come anticipato, il mutamento delle condizioni economiche sia del coniuge che è obbligato a versarlo, sia del coniuge, che ne è il beneficiario.

Un incremento notevole o, al contrario, un peggioramento della situazione economica dei coniugi può, quindi, portare ad una riduzione o ad un aumento dell’assegno di mantenimento.

  • L’assegno di mantenimento viene ridotto, come sostenuto dalla dalla Corte di Cassazione quando il coniuge obbligato riesce a dimostrare, dopo la separazione, che il coniuge beneficiario ha iniziato a svolgere una propria attività lavorativa, percependo, così, un proprio reddito o che ha trovato impiego anche “in nero”.
  • Viceversa, l’assegno può essere aumentato qualora il soggetto beneficiario perda il lavoro.

Per le stesse ragioni, il giudice disporrà la riduzione dell’assegno di mantenimento qualora il coniuge obbligato subisca un peggioramento della propria capacità economica (ad esempio per via della perdita del lavoro) o nel caso in cui versi in condizioni di salute tali da non consentirgli di lavorare o da comportare ingenti spese a sua carico per le cure finalizzate a contrastare l’avanzare delle patologie.

La costituzione di un nuovo nucleo familiare

Un’altra ipotesi in cui è possibile chiedere ed ottenere la revisione dell’assegno di mantenimento è la costituzione di un nuovo, stabile e duraturonucleo familiare.

La formazione di una nuova famiglia o la nascita di un figlio generato dalla relazione con un nuovo partner è una circostanza che incide sull’entità dell’assegno, potendo comportarne una riduzione o un aumento rispetto a quanto stabilito, in precedenza, nella sentenza di separazione o divorzio.

Naturalmente, il fatto che si sia costituito un nuovo nucleo familiare, non fa venire meno l’obbligo di provvedere al mantenimento di quello instauratosi precedentemente.

Pertanto, se la nuova unione determina un concreto peggioramento o, viceversa, un miglioramento delle condizioni economiche, allora è possibile chiedere la revisione dell’assegno in base alle nuove condizioni economiche.

Le mutate esigenze dei figli

Un’altra ipotesi che può determinare la modifica dell’assegno di mantenimento è quella relativa alle esigenze dei figli.

Il codice civile italiano parla di “attuali esigenze del figlio“. Con questa espressione si fa riferimento al contesto socio-culturale e patrimoniale dei genitori e allo sviluppo psico – fisico dovuto al trascorrere dell’età dei figli.

Un bambino crescendo, accrescerà anche le proprie esigenze e ne svilupperà di nuove:

  • sia in ambito relazionale,
  • sia in quello educativo (si pensi, ad esempio, alla frequentazione dell’università),
  • nonché in contesti quali quello ludico (ad esempio la pratica di attività sportive).

Queste circostanze influiscono certamente sul mantenimento dei figli, potendo richiedere un aumento dell’importo inizialmente stabilito dal giudice in favore degli stessi.

Rinuncia all’assegno divorzile da parte del beneficiario

Un’altra ipotesi di revisione è quella in cui la parte beneficiaria dichiari ufficialmente di rinunciare all’assegno, attestando la propria volontà e la propria indipendenza economica. Tuttavia, è possibile, per contingenze e bisogni successivi, richiedere in ogni caso di revisionare di tale decisione in qualunque momento. La rinuncia è possibile solo ed esclusivamente con riguardo all’assegno divorzile, diversamente l’assegno di mantenimento disposto in favore dei figli è un diritto indisponibile.

La procedura per richiedere la revisione dell’assegno di mantenimento

La richiesta di revisione può essere presentata in qualunque momento in due modi:

  • se non vi è accordo tra i coniugi, tramite procedimento innanzi al Tribunale;
  • se, invece, i coniugi sono d’accordo, attraverso il procedimento di negoziazione assistita.

Analizziamo le due procedure separatamente.

Procedimento innanzi al Tribunale

Nel caso in cui non vi sia accordo tra i coniugi, occorre presentare ricorso davanti al giudice, illustrando le circostanze per le quali si chiede la revisione e provvedendo a fornire comprovati e certi elementi di prova.

Il giudice, una volta sentite le parti ed acquisite le prove, decide pronunciandosi con una sentenza con la quale può disporre, a seconda dei casi e delle circostanze addotte dalle parti, l’aumento o la diminuzione dell’assegno di mantenimento.

Nel caso in cui il giudice decida di disporre la riduzione dell’assegno, ciò non comporta per il richiedente il riconoscimento del diritto alla restituzione di quanto versato in precedenza.

La pronuncia non ha effetto retroattivo, vale cioè solo per il futuro.

Il giudice può, qualora ritenga che i motivi non siano giustificativi di una riduzione o di una maggiorazione della somma dovuta a titolo di mantenimento, rigettare la richiesta.

Procedimento di negoziazione assistita

Qualora i coniugi siano d’accordo sulle modifiche da apportare al mantenimento, possono evitare la procedura innanzi al Tribunale e scegliere la procedura di negoziazione assistita che consiste nell’accordo (chiamato “convenzione di negoziazione”) sottoscritto da entrambi i coniugi e tramite cui gli stessi convengono di apportare modifiche in tema di mantenimento (riducendolo o aumentandolo a seconda delle esigenze) tramite l’assistenza dei rispettivi avvocati.

Si ricorda, inoltre, che in caso di disaccordo le parti possono sempre rivolgersi ad un mediatore familiare per raggiungere, con l’aiuto di un terzo imparziale, un accordo sulle modifiche alle condizioni di separazione. L’accordo così raggiunto avrà valore di scrittura privata e potrà essere depositato in tribunale dall’avvocato.

Maria Bertone
dott.ssa in Giurisprudenza

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