Separazione giudiziale con addebito di colpa: tra onere probatorio e diritto alla privacy

separazione giudiziale con addebito

Intraprendere una separazione giudiziale con addebito di colpa risponde alla chiara scelta, di adire l’autorità giudiziaria non solo per stabilire le relative condizioni, ma anche per accertare la responsabilità della fine del rapporto in capo all’altro coniuge. Un siffatto accertamento pone delle problematiche sotto il profilo probatorio.

Quando può essere pronunciata la separazione giudiziale con addebito di colpa?

Il giudice pronuncia l’addebito, quando abbia accertato non solo che l’altro coniuge abbia violato uno dei doveri derivanti dal vincolo matrimoniale, ex artt. 143 e 147 c.c., ma altresì, che da tale violazione sia derivata la crisi del vincolo matrimoniale.

Per quanto rilevi, dunque, anche la violazione dei doveri nei confronti dei figli può essere causa della pronuncia della separazione con addebito. Tuttavia, nella prassi applicativa i casi più frequenti attengono ai rapporti tra coniugi. In tali casi la richiesta di separazione giudiziale con addebito di colpa si fonda sull’asserita violazione del dovere di:

  • fedeltà reciproca;
  • assistenza morale e materiale;
  • collaborazione nell’interesse della famiglia;
  • coabitazione.

Quali conseguenze derivano dall’addebito?

Il coniuge che subisca l’addebito di colpa subisce delle conseguenze patrimonialmente rilevanti, quali:

  • la perdita dei diritti successori nei confronti dell’altro coniuge;
  • la perdita del diritto al mantenimento;
  • la condanna alle spese legali.

Come si prova l’addebito nella separazione giudiziale?

Il coniuge che voglia ottenere una sentenza di separazione giudiziale con addebito di colpa non può limitarsi a provare la condotta lesiva dell’altro, che non ha alcuna rilevanza laddove posta in essere dopo la crisi matrimoniale.

L’onere probatorio è, pertanto, più ampio: è necessario raggiungere la piena prova che la predetta condotta lesiva abbia determinato l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza.

E’ evidente che riuscire ad assolvere un siffatto onere probatorio non è semplice, tanto più se si considerano anche i limiti in cui il coniuge si imbatte laddove debba, per così, dire “indagare” su un’eventuale vita parallela del coniuge fedigrafo. Si pone, infatti, la necessità di bilanciare il diritto alla prova con il diritto alla privacy.

Fino a che punto il diritto alla privacy limita il diritto alla prova? Uno sguardo alla prassi applicativa

Per comprendere l’effettiva portata della questione, è opportuno soffermarsi su un caso concreto ( i nomi che si utilizzeranno sono, ovviamente, di fantasia), che ha posto anche alla sottoscritta la necessità di verificare i limiti entro i quali potere dedurre elementi probatori in giudizio.

Nel caso in esame la sig.ra Vera, ricevuta la richiesta di separazione, scopriva, all’esito della lettura della corrispondenza telefonica, che il marito intratteneva da tempo e a diverse ore del giorno delle conversazioni telefoniche con uno stesso utente. Effettuate ricerche su internet, risaliva alla titolarità di tale numero telefonico, intestato ad una donna, e proseguendo le sue “indagini” sui social, scopriva che il coniuge intratteneva una relazione con la predetta donna.

In una società come quella di oggi, infatti, in cui ci si avvale di mezzi tecnologici anche per intraprendere relazioni amorose, è specularmente anche più semplice anche scoprirle.

Tuttavia, come già anticipato, non tutto il materiale scoperto può essere prodotto,  tenuto conto dei limiti imposti dalla legge a tutela del diritto alla privacy e alla riservatezza.

 In quali responsabilità può incorrere il coniuge che viola il diritto alla privacy?

In un caso come quello in esame, non si pone un limite alla produzione in giudizio della corrispondenza telefonica, in quanto lasciata dallo stesso titolare nella piena disponibilità della famiglia. Diversamente, laddove la sig.ra Vera avesse aperto la corrispondenza senza il consenso, si sarebbe dovuta valutare l’eventualità di una responsabilità penale, per il reato di “Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza” cui all’art. 616 c.p.

Va, tuttavia, anche considerato, che in sede penale il giudice potrà tenere conto anche delle esigenze probatorie rispetto all’ambito del procedimento di separazione giudiziale con addebito di colpa, che sono alla base della condotta del coniuge imputato.

Con riferimento, ancora, ai messaggi di posta elettronica, agli SMS, o ai social con relativa chat, deve ritenersi che, se si ha una condivisione tra coniugi di profili o di account, o comunque delle relative password, si deve presumere consentito l’accesso ai messaggi personali contenuti. Parimenti sono producibili i post condivisi pubblicamente su Facebook, in quanto accessibili a chiunque.

La produzione giudiziale, invece, di dati o comunque informazioni acquisite mediante l’accesso senza consenso, espone il coniuge al rischio dell’imputabilità del reato di accesso abusivo a sistema informatico ex art. 615 ter c.p..

Alla luce di quanto emerge dall’analisi in esame, è evidente che il coniuge che intraprende una separazione giudiziale con addebito deve essere supportato dall’avvocato. Questi deve far presente che per quanto in sede civile il giudice possa ammettere certe prove, ritenute rilevanti ai fini dell’addebito, dall’altro deve informarlo di tutte le possibili conseguenze sul piano penale.

Avv. Provvidenza Nocito

 

 

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