Le emozioni dei bambini: come riconoscerle, comprenderle e valorizzarle al tempo del coronavirus

le emozioni dei bambini

Le emozioni dei bambini necessitano di essere riconosciute, comprese e valorizzate sin dalla più tenera età, ma quali accorgimenti utilizzare con i più piccoli in questo periodo di emergenza pandemica?

In quest’ultimo anno, l’emergenza sanitaria pandemica ha avuto un grande impatto sulla quotidianità, stravolgendo le abitudini anche dei più piccoli.

Le emozioniumane di basesono stati mentali e fisiologici che condizionano la vita dei soggetti, nonché componenti fondamentali della propria vita.

Impariamo a regolare le stesse già durante la prima infanzia all’interno della relazione con l’adulto.

Quest’ultimo ricopre un ruolo fondamentale nel valorizzare le emozioni dei bambinial fine di validarle, senza reprimerle.

Perché definire riprovevoli emozioni come la tristezza, la rabbia, la paura e più ponderate o stimolanti sensazioni rilevanti nella gioia?

È consuetudine suddividere le emozioni in due componenti: positive e negative, ma in ambito educativo sarebbe più opportuno considerarlenella loro funzione adattiva all’ambiente di riferimento.

Ogni emozione è un’onda che ci scuote dalla nostra condizione di partenza, che ci invita a mettere in atto dei comportamenti, interfacciandoci con il mondo esterno.

Le esperienze ricche di richiami emozionali, tuttavia, risultano maggiormente coinvolgenti e stimolanti per l’apprendimento, in quanto imprescindibili per sviluppare l’intelligenza intrapersonale e interpersonale come sostieneHoward Gardner.

Un’infanzia ricca di emozioni

Le neuroscienze sostengono che nei primi tre anni di vita si formano le mappe emotive, ovvero la modalità di percepire gli eventi esterni attraverso una risonanza emotiva dei propri comportamenti.

Ciò significa che senza spiegazioni adeguate ai cambiamenti, i più piccoli, rischiano di trovarsi a fronteggiare situazioni di vita e clima emotivi totalmente differenti da quelli a cui erano abituati, sprovvisti di competenze in grado di produrre narrazioni.

I bambini veicolano i propri pensieri mediante la rappresentazione grafica, un insieme di simboli e significati che andrebbero osservati e valorizzati in maniera accurata poichè laddove non arrivano le parole, arrivano le immagini.

L’adulto, quindi, in quanto figura di riferimento, può cercare di rendere ancora più visibili tali concetti racchiusi in quelle tracce, segni e colori, indirizzando i bambini verso l’ascolto delle proprie emozioni, cercando di esprimere e verbalizzare anche quelle che la società etichetta come “negative”, ossia la tristezza, la rabbia e la paura.

Ma, come fare ad accogliere le emozioni dei bambini al tempo del coronavirus?

L’innato senso di protezione e di accudimento che gli adulti ricoprono nei loro confronti, necessita di essere commisurato al dialogo. È importante che gli adulti siano chiari con i bambini, raccontando loro la verità senza minimizzare o enfatizzare il problema.

Si può ricorrere all’uso della fantasia, ideando storie e racconti in base all’età per affrontare la realtà con più leggerezza.

In tal senso, si placheranno le loro preoccupazioni in merito alla pericolosità del virus e si eviterà che ricerchino autonomamente il senso delle esperienze che stanno vivendo sia nel proprio ambiente famigliare e sia in altri contesti sociali.

L’ignoto quando diviene comprensibile, appare meno minaccioso anche agli occhi dei più piccoli.

Più precisamente, l’incontro con il preminente pensiero logico degli adulti consente al bambino di discostarsi gradualmente dal proprio pensiero magico, ovvero un processo mentale caratterizzato da un sostanziale egocentrismo mediante il quale, tra i due e i sette anni di età, si mette al centro di tutto il proprio sé per attribuire significati agli eventi.

In questo modo, lo si aiuterà a comprendere che vi siano altre cause, spiegazioni, pensieri ed emozioni, oltre il proprio io.

Per facilitare la regolazione emotiva dei più piccoli è possibile utilizzare alcuni accorgimenti quali:

  • chiedere come ci si sente, anche quando i bambini appaiono particolarmente silenziosi poiché risulta importante trasmettere comprensione.

Parlare dei propri pensieri potrebbe incoraggiarli a rivolgersi ad un genitore nei momenti di difficoltà. Il genitore non è tenuto a fornire risposte immediate, bensì a porsi in ascolto;

  • incentivare domande per accogliere le loro curiosità o preoccupazioni quali:

          “cosa ti rende felice?”

          “qual è quella cosa che ti fa sentire coraggioso?”

          “cosa vorresti fare più spesso insieme ai tuoi genitori?”;

  • utilizzare termini semplici, ma dettagliati che chiariscano loro cosa stia accadendo nel mondo;
  • cercare di presentareaspetti favorevoli e vantaggiosi per infondere fiducia e speranza;
  • permettere di sentirsi tristi, evitando di rendere le loro vite apparentemente “perfette” cercando a tutti i costi di alleviare il dolore.Latristezza consente di elaborare vissuti difficili. Un “mi dispiace” da parte del genitore può essere più che rassicurante per loro;
  • dedicare uno spazio per consentire disfogare la propria rabbia attraverso l’utilizzo di strumenti calibrati per età (scatole, cuscini, time out, albi illustrati, fiabe ecc.);
  • gestire la pauraattraverso strategie funzionali non giudicanti. È bene evitare di dire “non aver paura” perché si intaccherebbe l’autostima, generando un senso di inadeguatezza nei bambini.

In conclusione possiamo affermare che, i bambini necessitano di canalizzare le proprie emozioni, le quali a volte possono apparire come negative, ma pur sempre valide alleate per far fronte alle avversità e agli imprevisti della vita.

Per ulteriori chiarimenti, curiosità o per richiedere una consulenza, non esitate a contattarci, saremo lieti di accogliere le vostre richieste.

Dott.ssa Rossella Attivissimo
Pedagogista

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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