L’ascolto del minore

ascolto del minore

Oggi, in Italia, si sente sempre più spesso parlare di “ascolto del minore”: ma di cosa si tratta esattamente, quando il giudice può procedere con l’audizione del minore?

Qual è lo scopo dell’ascolto del minore?

Attraverso l’ascolto, il minore ha la possibilità di esprimere la propria opinione, libera da qualsiasi pressione, nell’ambito di un processo.

L’ascolto del minore non può essere considerato come un mezzo di prova da usare nel processo, né tanto meno una forma di testimonianza.

L’ascolto del minore utilizzato nel processo per ottenere dei vantaggi può essere considerato una misura contro l’interesse del minore. Si pensi, ad esempio, a due genitori in lite che nel corso di una separazione chiedono ognuno al proprio avvocato di insistere con il giudice per procedere all’ascolto del figlio minore perché nel loro animo sperano di trarre dei vantaggi dalle sue dichiarazioni. Il giudice, spesso, in questi casi, rilevato il rischio di strumentalizzazione dell’istituto e  l’alta conflittualità della coppia, suggerisce alle parti di intraprendere un percorso di mediazione familiare per riattivare il dialogo e raggiungere un accordo nell’interesse dei figli.

L’ascolto è, quindi, un diritto del bambino, ma anche un obbligo del giudice perché, in questo modo, quest’ultimo ascoltando le dichiarazioni del bambino, si può fare un’idea di quale sia il suo desiderio e potrà conseguentemente prendere una corretta decisione.

Quando è necessario procedere all’ascolto del minore?

Partendo dal presupposto che l’ascolto del minore è un diritto, il giudice deve procedere all’ascolto quando bisogna prendere decisioni che lo riguardano, sia nelle relazioni con i genitori. Si pensi:

  • ai casi di separazione e di divorzio dei genitori,
  • nei giudizi relativi alla sottrazione internazionale di minori da parte di uno dei genitori,
  • nei procedimenti volti alla dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore,
  • nei giudizi che riguardano le limitazioni alla responsabilità genitoriale.

Si deve procedere all’ascolto in tutti i casi in cui tale misura non arrechi danno al minore, salvo l’ulteriore precisazione per la quale si ritiene normalmente obbligatorio procedere all’audizione solo nel giudizio di primo grado, con possibilità di far valere la nullità della sentenza nel caso di violazione dell’obbligo di audizione nei limiti e secondo le regole fissate dall’art. 161 c.p.c., e, dunque, mediante proposizione dell’appello.

 Che età devono avere i minori per poter essere ascoltati?

Possono essere ascoltati:

  • i bambini che hanno già compiuto il dodicesimo anno di età;
  • per i bambini più piccoli è richiesto che questi abbiano la capacità di discernimento, ovvero la capacità di elaborare autonomamente idee e concetti, di avere opinioni proprie e di comprendere gli eventi. Di solito, tale capacità viene ritenuta sussistente quando il bambino abbia raggiunto l’età scolare;
  • I bambini molto piccoli, invece, non devono essere ascoltati, salvo determinate circostanze previste dalla legge in cui è richiesta una consulenza tecnica disposta dal giudice. Si pensi ai casi di violenza sessuale sul minore.

Ci sono dei casi in cui è possibile non ascoltare il minore?

Esistono dei casi in cui il giudice può decidere di rinunciare all’ascolto del minore.

Illustriamo quali sono, secondo quanto si ricava da alcune sentenze della Cassazione e dal codice:

  • Quando il minore abbia meno di dodici anni e quindi si ritiene non abbia la capacità di discernimento. La capacità di discernimento deve essere tenuta distinta dalla capacità di intendere e di volere, dove il minore di 14 anni non è imputabile e si presume incapace di comprendere il significato delle leggi penali e le conseguenze di legge di una determinata condotta.
  • Altra ipotesi di esclusione è prevista quando l’ascolto contrasti con l’interesse del minore. Si pensi ai casi di violenza sessuale subita in prima persona dal minore o cui il minore abbia assistito.
  • Il giudice rinuncia all’audizione del minore, inoltre, quando ritenga l’ascolto del minore manifestamente superfluo, come nel caso di genitori che nel corso di una separazione abbiano già individuato un accordo sulle questioni attinenti alla vita dei figli.
  • In ultimo, non è possibile ascoltare il minore quando questi abbia rifiutato l’audizione.

Come viene qualificato in ambito giuridico l’ascolto del minore?

L’audizione anche se non viene considerata, come già anticipato, un mezzo di prova nel processo e quindi non viene considerata un atto istruttorio, è pur sempre un atto processuale che si caratterizza per la sua qualità di costituire elemento del processo. In quanto tale è soggetto al principio della libertà della forma, cioè in assenza di richiesta di forme determinate, può essere svolta in quella idonea a raggiungere lo scopo per il quale è costituito.

Quali sono le modalità con cui può essere ascoltato il minore?

Il minore può essere ascoltato secondo due modalità:

  • ascolto diretto da parte del giudice in udienza, eventualmente anche con un ausiliario esperto;
  • ascolto indiretto, delegato totalmente ad un ausiliario, per esempio uno psicologo, anche nell’ambito di una Consulenza tecnica d’ufficio (CTU).

Nell’ascolto indiretto lo psicologo dovrà seguire un metodo che tiene conto dell’età del minore.

Indipendentemente dalle modalità con cui viene svolto l’ascolto è consigliabile utilizzare degli accorgimenti per creare un contesto adeguato all’ascolto del minore, come precisato nell’Alfabeto della relazione con il minore” dal procuratore Piercarlo Pazè nel 2003:

  • il minore deve essere informato in precedenza (preferibilmente dai genitori o dal suo curatore/tutore se nominato) dell’incontro con il giudice e delle condizioni del suo svolgimento;
  • il minore non deve subire, quando convocato, lunghe attese;
  • il minore non deve essere incontrato in luoghi a lui non adatti e neanche affollati, come un’aula di Tribunale, o desolati. La stanza nella quale si procede all’ascolto deve essere, quindi, accogliente e attrezzata con criteri finalizzati ad evitare al minore il trauma dell’impatto con l’istituzione giudiziaria e rendere così più agevole l’acquisizione delle sue dichiarazioni. Per questo, molti tribunali hanno predisposto delle specifiche aule, munite di sistemi di audio, videoripresa e di specchio unidirezionale che consente l’osservazione a soggetti presenti nella stanza adiacente;
  • il minore deve essere messo a proprio agio;
  • deve aver dedicato un tempo congruo per potere raccontare il suo vissuto e rispondere alle domande che gli vengono poste;
  • il minore deve essere informato della possibilità che il suo ascolto possa essere utilizzato ai fini del processo;
  • le domande devono essere formulate al minore con un linguaggio semplice e il più possibile adeguato alla sua età, evitando termini giuridici e psicologici da parte di chi lo ascolta.
  • devono essere evitate domande suggestive, chiuse, ripetute, domande inducenti che tentino di far dichiarare o confermare al bambino quanto desiderato;
  • il minore non deve subire pressioni di alcun tipo.

 

Maria Bertone

dott.ssa in Giurisprudenza

 

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